The story of Claudio Pittan: Japan
Ho amato l’arte fin da piccolo e quella orientale mi ha sempre attratto in modo particolare.
Mi piacevano le sue immagini misteriose e affascinanti.
A diciassette anni mi accostai al mondo del tatuaggio. Sembrava una coincidenza che lo stile ritenuto più artistico fosse proprio quello giapponese.
Le foto di quei corpi completamente decorati mi colpirono profondamente e desiderai saperne di più.
L’ occasione si presentò quando nel 1994 partecipai alla tattoo convention internazionale di Amsterdam. Tra gli ospiti vi era il maestro giapponese Horiyoshi III°, egli rappresentava la massima espressione artistica dell’Irezumi, il tatuaggio tradizionale giapponese.
Decisi che volevo farmi tatuare la schiena da lui. Mi avvicinai a Horiyoshi mentre aveva un momento di riposo.
Aveva un aspetto serio, capelli lunghi e neri raccolti in una coda e ogni lembo della sua pelle che si poteva scorgere era tatuata.
Gli dissi : “Maestro, voglio farmi tatuare tutta la schiena da lei. Come devo fare?”
Lui mi rispose che era una operazione molto lunga.
Avrei dovuto andare in Giappone nel suo studio di Yokohama e lì mi avrebbe tatuato.
Tornai a casa, raccolsi tutti i miei risparmi e partii con la mia fidanzata di allora, Betty. Arrivati a Tokyo trovammo una sistemazione con difficoltà perché in Giappone non erano abituati al turismo.
Quando cercai lo studio di Horiyoshi fu molto più difficile di quello che pensavo: i tatuatori tradizionali nascondevano i loro laboratori, perché in Giappone il tatuaggio è legato ai pericolosi mafiosi giapponesi, gli Yakuza.
Io e Betty eravamo andati a Yokohama dove si trovava Horiyoshi. Ci trovavamo vicino all’indirizzo che ci era stato dato, chiedevamo indicazioni ai passanti che facevano del loro meglio per aiutarci, ma molti non parlavano inglese e perdemmo mille volte la strada. Iniziavo a pensare che non sarei mai arrivato.
In quel momento passò per strada un uomo vestito come Al Capone, con una cicatrice in faccia. Sicuramente uno Yakuza!
Pensai che stava andando a farsi tatuare, così decisi di pedinarlo. Dopo qualche minuto lo Yakuza si voltò di colpo: si era accorto di essere seguito! Infilò la mano sotto la giacca come per afferrare una pistola, mi guardò e mi apostrofò in giapponese; sicuramente voleva sapere perchè lo seguissi.
Improvvisamente ogni rumore cessò. Betty, pallida come uno straccio, si strinse a me. Mi resi conto di avere fatto un grosso sbaglio: stavo seguendo un criminale in mezzo ai vicoli di Yokohama senza avere la capacità di spiegarmi!! Con il coraggio che mi veniva dalla disperazione alzai la manica gli mostrai il mio braccio tatuato.
Lui lo fissò per un momento, mi disse “irezumi”.
Io feci sì con la testa, lui sorrise.
Eravamo salvi!
Il fatto che io apprezzassi il tatuaggio giapponese mi aveva reso simpatico allo Yakuza. Molto gentilmente il nostro nuovo amico ci accompagnò nello studio del Maestro, seguendo un intricato labirinto di strade.
Entrammo ancora pallidi in viso, togliendoci le scarpe secondo l’uso giapponese. Horiyoshi ci salutò calorosamente, io tralasciai di raccontare la nostra avventura e bevvi il tè che ci venne offerto. Mi disse che era contento di avermi nel suo studio. Io gli spiegai che tatuaggio volevo, lui rimase perplesso.
Normalmente, mi disse, tatuare la schiena richiede un anno di lavoro con intervalli di due settimane tra le sedute. Non potevo rimanere all’estero per così tanto tempo; gli chiesi di tatuarmi più velocemente che poteva. Il maestro allora mi guardò e disse ridendo ” You, are a strong man!”
Non sapevo a cosa andavo incontro! La schiena è una delle parti del corpo più sensibili al tatuaggio. Tatuarla di nuovo quando è già stata incisa da poco comporta un dolore insopportabile.
Per finire il tatuaggio dovevo tatuarmi ogni tre giorni. Non so che santo mi diede la forza di resistere, ma riuscii ad arrivare alla fine.
Così oggi porto con orgoglio il tatuaggio eseguito dal mio maestro: Horiyoshi III°.
Claudio Pittan – Tattoo